Altri motivi di famiglia

Daniela Perego courtesy Altri Motivi di Famiglia P74 Center and Gallery Lubiana Slo 1

Zavod P.A.R.A.S.I.T.E. P74 Center and Gallery
Trg Prekomorskih brigad, 1 Ljubljana SLO

16.4 – 5.5.2015

A cura di

Paolo Toffolutti

Poiché la base della civilizzazione è lo sfruttamento di una classe su di un’altra classe, tutta la sua evoluzione si muove in una contraddizione costante. Ogni progresso della produzione è nel medesimo tempo un regresso della situazione della classe oppressa, vale a dire della maggioranza. Ogni beneficio per gli uni è necessariamente un male per gli altri; ogni grado di emancipazione raggiunto da una classe è un nuovo elemento di oppressione per un’altra.

F. Engels, L’origine della Famiglia 

Lo scorso anno Motivi di Famiglia è stata una mostra ospitata presso lo SPAC_Spazio Pubblico Arte Contemporanea di Buttrio (Udine-Italia), che ha visto la presenza di 40 artisti con opere che, da differenti punti di vista, hanno dato modo al pubblico di ritornare su un concetto più volte toccato dalla storia dell’arte e fondamentale nella vita sociale delle persone: la famiglia.

“Famiglia è uno dei livelli di classificazione scientifica degli organismi viventi e di altre entità biologiche, nel senso di genere, specie, famiglia…; ma il termine rappresenta anche il nucleo aggregativo di più persone – “Gruppo di Famiglia in un Interno”* – che, in occidente, dalla modernità in poi, ha sostituito il concetto originariamente centrato sulla natura biologica del legame di sangue con uno avente maggiori valenze: culturale, sociale e politica. Dopo di che, la famiglia nel senso di mafia, ‘ndrangheta, camorra, rappresenta un’appartenenza segreta segnata da e con il sangue, secondo un legame di filiazione malavitoso che impone una dipendenza finalizzata a delinquere: “La Mafia come l’Italia, si fonda su un’istituzione fondamentale: la famiglia, che dell’Italia è la sola cellula sociale riconosciuta, rispettata e tramandata attraverso i governi e i regimi, le occupazioni e le Liberazioni” (F. Rondolino)”.

Il mio interesse nello scrivere un progetto su questo tema sta nell’osservare il continuo travaso di tensioni, sensibilità, problematiche presenti nella condizione socio-politica che caratterizza la vita quotidiana delle persone, in quella che è la loro riflessione culturale, accorgendomi il più delle volte che, piuttosto che a due ambiti distinti, ci si trova al cospetto di due sistemi aperti posti in tensione dialettica l’uno con l’altro.

“Ma è anche vero che la famiglia, così come ci è stata trasmessa in occidente, sembra sempre più sfrangiare i propri confini per ridefinire gli ambiti di relazione e di dominio in materia di diritti e legislazione, ponendosi al di là dei legami giuridici e biologici predefiniti. Una nuova geografia i “Dico” – Diritti e doveri delle persone stabilmente Conviventi -, ed i “Pacs” – Patto Civile di Solidarietà – in materia di diritto della famiglia, così quanto i movimenti di opinione e gli stili di vita e sociali sono venuti a costituire un nuovo terreno di manovra per gli affetti e le forme relazionali a tutela di nuovi legami sociali.

A tal proposito, emblematica fu, nel 1955, The Family of Man, un’esposizione fotografica itinerante a cura di Edward Steichen che intendeva raffigurare il ventaglio di sentimenti ed esperienze umane dalla nascita alla morte.
La mostra, composta da una selezione di 503 foto tra quasi 2 milioni scattate in 68 paesi da 273 fotografi diversi, rappresentò una tra le mostre più visitate nel secondo dopoguerra, da cui emergeva l’idea di un’umanità appartenente ad un’unica famiglia”. (P. Toffolutti – Motivi di famiglia)

Altri Motivi di Famiglia, la mostra proposta all’Istituto P.A.R.A.S.I.T.E. ospitato presso P74 Center and Gallery, è un ritornare sul “luogo del delitto”, facendo attenzione a “non inquinare le prove” ma cercando di ricomporre alcuni punti nodali – tensioni – che stavano nel progetto originario, scoprendo ora nuovi spunti, nuovi indizi, confronto di approcci e linee di ricerca differenti spesso dovuti al trascorrere del tempo.

Altri Motivi di Famiglia è questo impossibile ritorno a casa che porta in mostra 6 artisti – gli stessi ma non necessariamente con le stesse opere già proposte – alla ricerca di un non meglio definito senso di “familiarità” di una mostra con l’altra, e di una condizione di vita contemporanea mutata e mancante, caratterizzata dalla continua solitudine esistenziale in cui siamo costretti a vivere.

Una mostra che tematizza questa forma di povertà: la perdita di relazioni presente nella vita quotidiana – incomunicabilità – quale impossibile ritorno alla famiglia, la permanenza forzosa e protratta nel tempo in famiglia quale assenza di motivi di…, in uno stato di famiglia divenuto sempre più problematico, soprattutto ora che la crisi economica sta mordendo e le giovani generazioni cercano riparo in questa non meglio definita istituzione sociale che spesso diventa l’ultimo rifugio.

Altri Motivi di Famiglia sono nuovi indizi che emergono reimpaginando la mostra qui, in Slovenia, a cento chilometri di distanza dalla prima, al confronto con una comunità sociale prossima ma culturalmente differente da quella italiana; che ci interrogano su questa apparente familiarità che si rivela nella sua totale estraneità, proposta quotidianamente dai sistemi di globalizzazione della cultura.

Altri Motivi di Famiglia è questo senso di disagio che sempre più caratterizza l’esperienza delle nostre giornate: una falsa familiarità, prossimità, similitudine che nasconde profonde differenze, disuguaglianze, ingiustizie riservate alle masse. Un’apparente identità o immagine esteriore da “United Colors of Benetton” “Nazioni Unite” “Comunità Europea”, artatamente costruita per coprire le profonde ragioni della diversità, esteriorizzare un falso senso di unitarietà o identità che non intende fare i conti con le priorità, le necessità, le emergenze di quanti non detengono i mezzi di produzione.

Altri Motivi di Famiglia come già detto costituisce un impossibile ritorno della precedente mostra e – come ebbe a scrivere Karl Marx ne “Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte” (1852) in merito al ritorno degli eventi nella storia – se un primo evento viene recepito come tragedia, il suo ritorno ne costituisce la farsa, ingenerando l’impressione di un’apparente continuità, ma, agli effetti pratici, ponendosi in una situazione di profonda discontinuità; in questo caso gli elementi di discontinuità non mancano: 6 artisti al posto di 40, opere riallestite o sostituite, due ambiti socio-culturali differenti, un differente spazio espositivo ma, nel contempo, ammiccando alle condizioni già presenti nel precedente progetto espositivo, alcune delle opere sono state esposte esattamente come appaiono ora. Ne “Il Ritorno del Reale, l’avanguardia alla fine del Novecento”, Hall Foster, parlando di ripresa e ritorno, elabora il modello di azione differita nella lettura delle due avanguardie – storica e neo – quale genealogia dei fenomeni artistici: “…un continuo processo di spinte in avanti e indietro, un sistema complesso di futuri anticipati e passati ricostruiti, in breve un’azione differita che rovescia ogni semplice schema di prima e dopo, causa ed effetto, origine e ripetizione…”, per dare corso ad una ripresa e sviluppo critico di quanto irrisolto e sottaciuto in prima istanza.

E inoltre, pur suscitando una certa noia il farvi ritorno, considerata la frequenza d’uso avutasi nel recente passato, è difficile evitare di usare il termine psicanalitico coniato da Sigmund Freud di perturbante.
La mostra Altri Motivi di Famiglia c’entra anche con tale questione, con quella particolare attitudine del sentimento generico della paura, che si sviluppa quando una cosa, una persona, una impressione, un fatto o una situazione, vengono avvertiti come familiari ed estranei allo stesso tempo, cagionando generica angoscia unita ad una spiacevole sensazione di confusione e disorientamento. La sensazione di spiazzamento e lo stato di stress provato per presunte e contemporanee affinità-estraneità di ciò che, agli effetti pratici, è diverso, trova una familiarità; una familiarità che ingenera, per paradosso, frequenti conflitti interiori e un profondo senso di abiezione per la cosa in sé.

Chi avesse già visto la mostra a Buttrio è possibile che provi una sensazione di disagio, come una specie di tradimento, per aver già vissuto l’esperienza con le stesse opere eppur rivivendola con l’interferenza di altre riguardanti lo stesso tema, solo ora esposte e non presenti in passato e senza potersi sottrarre alla memoria delle altre ora non più presenti.

La stessa prossimità nella distanza tra Buttrio e Ljubljana e le affinità d’intenti tra l’Istituto P.A.R.A.S.I.T.E., ospitato presso P 74 Center and Gallery, nella persona di Tadej Pogacar – che ringrazio – e lo SPAC_Spazi Pubblici Arte Contemporanea FVG, ospitato presso Villa Di Toppo Florio a Buttrio e da me diretto, ha prodotto l’opportunità di questa mostra, che si propone di entrare in un rapporto di “familiarità” rispetto a Motivi di Famiglia e che costituisce un’ottima occasione per mettere alla prova una tale sensazione.

Il perturbante è propriamente questo tipo di strana familiarità, qualcosa che appare ma, al contempo, è difforme, qualcosa che ritorna e produce un turbamento, qualcosa che riconosciamo ma non conosciamo veramente; nella sostanza, qualcosa la cui sensazione ci sfugge. E’ quel qualcosa che ci manca, e quel qualcosa ci stanca – direbbe la canzone – e si manifesta in veste di psicopatologia, di fraintendimento, d’inganno, di artificio, di finzione, in una zona d’ombra della ragione che mantiene latente ogni possibile soluzione, in uno stato d’irrisolta sospensione.

L’arte da sempre agisce sulla sospensione dei sentimenti, per ambiguità, inganno, artificio, finzione, incomprensione, come una macchina del perturbante che produce fraintendimenti, errori intenzionali o casuali, inducendo un senso di estranea familiarità tra l’io ed il mondo; basti pensare alle tecniche inventate nel tempo quali la mimesi, la rappresentazione, l’astrazione, la simulazione ecc…, per cercare di dare una sbirciatina, e magari intravvedere, il senso della nostra assurda presenza qui sulla terra.

Con Altri Motivi di Famiglia si è voluto entrare in questo comportamento mentale, cercando incidentalmente di ricrearlo con una nuova mostra che si richiama, già dal titolo, al meccanismo psichico della ripetizione, della coazione a ripetere, cercando, nei due momenti, passato e presente,

una relazione psicanalitica, dove la seconda mostra “altra” è un pendant perturbante della prima: Motivi di Famiglia è il sintomo che qui viene ambiguamente ripetuto, piuttosto che riprodotto, per dare corso alla sua elaborazione.
Una rielaborazione che avviene in un ambito più raccolto, occasione unica di approfondimento del non detto, di ritorno ai temi in mostra con una lettura radicale – alla radice – di momenti e contenuti allora solo accennati. Una mostra come sintomo – una figura con sei vertici, sei artisti tra loro molto differenti e avvicinati più per estraneità che per affinità – lo stesso momento, lo stesso soggetto o questione, dimenticando di averli già vissuti, alla ricerca di un cortocircuito che solleciti un senso di disagio e di conflitto dei sentimenti, che possa sfociare, più che nella sensazione del bello, in quella dell’interesse.

Lorenzo Cianchi da tempo raccoglie tutta una serie di frattaglie e quisquiglie che solitamente si ammassano e si dispongono casualmente, dimenticate nei fondi delle tasche, dei cassetti, negli angoli delle stanze che abbiamo abitato, e progressivamente abbandonato, per erigere piccoli monumenti al tempo perduto, ma soprattutto ad oggetti e materiali di affezione con cui si e condivisa parte della propria vita. Una familiarità che viene messa in evidenza per eccesso, attraverso ingrandimenti e lastre da stampa offset che ne riproducono e ne monumentalizzano il sentimento.

Daniela Perego, dopo avere ricreato a Buttrio un ambiente della memoria in forma di grande catafalco cimiteriale alla maniera di Christian Boltanski, ritorna in mostra con un dittico fotografico quale memento mori, a suo/nostro ricordo, che celebra la scomparsa di entrambi i suoi genitori. Diversamente Koka Ramishvili introduce il concetto di condivisione in una video installazione a due canali dove una coppia condivide il gesto disfunzionale di rovesciare latte e caffè sul pavimento. Una coppia distratta dai tempi che corrono, che versa fuori dal vaso la loro relazione. Una dispersione di fluidi vitali sulla quale si rispecchia la loro stessa immagine.

Con ambigua ingenuità, Massimo Rizzi porta in mostra il ritratto di un sé familiare, dove, ancora adolescente intraprende l’opera di documentarista, descrivendo il reale disagio esistenziale prodotto dal padre alcolizzato all’interno del nucleo domestico. Un reportage in bianco e nero che fa invidia alla più famosa serie di Still-Life di Cindy Sherman ma, questa volta, senza finzione, in perfetto stile fotogiornalistico dove, in forma narrativa, vengono messi a nudo momenti del vissuto privato che, come un ordigno ad orologeria ormai innescato, conducono verso inevitabili conseguenze. Jaka Vertovec ridefinisce le tensioni che stanno all’interno del canonico quadretto familiare deformando, su tessuto di lycra, le immagini della famiglia modello. Un quadretto idilliaco, che viene usato per coprire una superficie più ampia delle sua possibilità, una “coperta corta”. Ancora Jaka con altre opere, recupera la cultura della controffensiva giovanile ai modelli dei padri, entrando a gamba tesa, con stampe e pennarello, sui temi della sessualità e dell’identità.

Lucia Veronesi si appropria degli ambienti domestici mettendo in atto quella patologia dell’accumulo forzoso delle cose rivolta ad una autistica chiusura entro i “rassicuranti” muri domestici. Un video decollage che, in forma di animazione, raccoglie tracce progressive di un degrado mentale frutto dell’accumulo infruttuoso di oggetti divenuti inutili e superflui.

Ora per il riguardante molte delle opere in questo nuovo allestimento hanno assunto una nuova luce, capace di illuminare nuove traiettorie di lettura, già presenti eppure diversamente in essere nella precedente mostra. Gli stessi artisti trovano un nuovo rapporto tra di loro. Il riposizionamento della mostra in questa seconda non pare, dunque, essere stato infruttuoso: le opere non sono esauribili in un solo approccio, sono aperte ad una loro nuova vita grazie alla presenza di un pubblico capace di ritrovarle.

Ed anche la cellula della famiglia, da cui il titolo Motivi di Famiglia della prima mostra, quale aggregato sociale, in quanto portatore diverse anomalie a dir poco traumatiche, è in corso di riposizionamento. La presunta familiarità tra parenti, in molti casi continua a trasformarsi in aperta estraneità, incomprensione, incompatibilità. La famiglia è molto spesso teatro di profonde ingiustizie, che, di nuovo, hanno solo una maggior necessità di denuncia ed una maggior

disponibilità all’ascolto da parte della società. Ma i traumi e i timori che lì si producono non sono diversi da quelli dell’ambito più allargato del sociale; e sempre meno rappresenta un luogo di superamento dell’incomunicabilità e della conflittualità che perturbano i rapporti umani. Ma anche in questo vi è ambiguità, inganno, artificio, finzione, incomprensione.

Gli artisti invitati sono: Lorenzo Cianchi (Milano-Italia), Daniela Perego (Roma-Italia), Akaki Ramishvili (Geneva-Switzerland), Massimo Rizzi (Udine-Italia), Jaka Vatovec (Lubiana-Slovenia), Lucia Veronesi (Venezia-Italia).

organizzazione:
neo associazione culturale – Udine

in collaborazione con:
Comune di Buttrio (UD) – Assessorato alla Cultura Galleria Artra – Milano
Interna – Tavagnacco (UD)
Lis Neris – San Lorenzo Isontino
Libreria antiquaria Martincigh – Udine
Suite Inn Hotel – Udine

* English title: Conversation Piece – director Luchino Visconti